venerdì 30 dicembre 2011

Sembra facile...

Quando una cosa si legge senza fatica, una grande fatica è stata fatta per scriverla.

Enrique Jardiel Poncela

Dove si trovano le storie

Gli scrittori sono come le gazze la­dre; accumulano innumerevoli oggettini, senza pensare che possano essere utili finché all'improvviso non lo diven­tano. Quando avete capito in che dire­zione va una storia, troverete le cose che servono, a cui non avevate pensato.

La gente desidera credere che le mie storie siano vere, che non sarei mai in grado di scrivere niente che non mi sia realmente accaduto.

A volte incontro lettori convinti che i miei libri contengano la storia della loro vita, anche se non li avevo mai visti pri­ma. Credono che sia capace di leggere nella loro mente.
La gente ama l'illusio­ne.
Quant'è vera l'osservazione di Oscar Wilde: «L'illusione è il primo di tutti i piaceri.»

MARGARET ATWOOD
scrittrice canadese

martedì 13 dicembre 2011

Campa cavallo...

Un grande editore riceve una telefonata da una scrittrice che gli chiede che fine abbia fatto un manoscritto da lei spedito mesi prima.
«Era un romanzo storico?» chiede l'editore.
«No» risponde la scrittrice. «Almeno non quando gliel'ho spedito.»

lunedì 12 dicembre 2011

Indovinate chi era?

Ebbe un'infanzia infelice e scarsa istruzione. La sua ambizione di diven­tare pittore fu aspramente avversata dal padre. Sebbene fosse un autodi­datta, scrisse un libro che, nel suo Paese, fu venduto quasi come la Bibbia. Gli ostacoli non lo scoraggiavano. La gente gli diceva : « Non puoi fare una cosa simile », ma lui superava una difficoltà dopo l'altra. Attribuiva un enorme valore alla salute dei giovani ed era conosciuto in tutto il mondo come un oratore dinamico. Uno dei suoi più intimi collaboratori disse di lui : « Fa grandi cose per il suo gran cuore, la sua forza di volontà e la sua bontà d'animo. »
Il nome di quest'uomo era Adolf Hitler.

Questa descrizione è usata da Kenneth S. Keyes Jr. nel libro How to Develop Your Thinking Ability (Come sviluppare la vostra capacità di pensiero) per dimostrare come sia facile tracciare un falso ritratto servendosi di fatti che rispondono a verità.

giovedì 8 dicembre 2011

La lentezza


In un certo senso, i «vecchi tempi», per quanto brutti, erano meno difficili di adesso. Dato che c'erano stretti rapporti con le cose che si facevano, la gente ne capiva il senso: si piantavano le patate, che si davano da mangiare ai nostri figli, che crescevano sotto i nostri occhi.
Oggi invece lavoriamo in modo sempre più astratto.
Cos'ha a che fare infatti con la vita reale lo star seduti di fronte a un computer?
Anch'io sono colpevole come chiunque altro.
Quando sono in fila con altra gente, mi spazientisco. Prima di cominciare a leggere un racconto su una rivista, controllo quanto è lungo.
Continuo a far fretta ai miei figli. Perché? Cosa cambia se perdono un po' di tempo?
Forse sarebbe utile chiederci ogni tanto se è proprio necessario andare sempre tanto di fretta. E riscoprire i ritmi giusti tornando a fare da noi alcune cose. Per esempio, scrivendo una lettera invece di telefonare.
Sarò sincera: non riesco più a guardare il pericolo implicito in questo mio stile di vita senza tentare qualcosa per modificarlo.
Quindi, la prossima volta che entrerò in una drogheria, lascerò perdere i prodotti già pronti e mi limiterò a comprare soltanto una buona, vecchia tavoletta di cioccolato.
Che userò per fare con ogni cura e attenzione piccoli e morbidi biscotti scuri.
E quando li avrò tolti dal forno passerò i dieci minuti che ci vogliono perché si raffreddino a non fare altro che godermi il loro buon profumo.

(Elizabeth Berg)


martedì 6 dicembre 2011

Scrivere per i bambini.


Chi scrive per i bambini in tono condi­scendente spreca il suo tempo.
I bambini sono esigenti.
Sono i lettori più attenti, più curiosi, più sensibili, più svelti e più amabili che esistano al mondo.
Accettano, quasi senza discutere, qualunque cosa gli si presenti purché sia presentata con sincerità, coraggio e chiarezza.
Certi scrittori per bambini evitano di proposito d'usare parole che, a loro avviso, un bambino ignora.
Questo impoverisce la prosa e ho il sospetto che annoi il lettore.
I bambini sono pronti a tutto.
Amano le parole che stentano a capire, purché siano in un contesto che avvince la loro attenzione.

(E.B. White, umorista e scrittore)


domenica 4 dicembre 2011

Non mi piacciono i libri...


Non mi piacciono i libri con troppe parole in corsivo, troppe parentesi, tonde, quadre e graffe. Con i verbi messi in tempi diversi nella stessa frase, perché fa figo, con i personaggi che hanno i nomi in inglese per lo stesso motivo di prima.
E non mi piacciono i libri dove ogni poche pagine trovi citazioni di canzoni rock che il lettore potrebbe anche non conoscere e che piacciono solo all'autore e ai suoi amici, forse.
Non mi piacciono i libri con le frasi in maiuscolo. Se bisogna ricorrere ad artifici tipografici per farsi capire, vuol dire che nel testo c'è qualcosa che non va.
E non mi piacciono i libri di quelli che credono che il dialogo sia tutto e più parolacce ci sono più è moderno. Dove non sai mai chi dice cosa e ti tocca tornare indietro e contare le frasi per saperlo.
Ed evito i libri di quelli che invece credono che le descrizioni siano tutto, e ti propinano dieci pagine di seguito, senza una frase che faccia respirare il testo.
E odio quelli che scrivono i titoli dei capitoli con "uno", "due" eccetera. Come se i numeri fossero ormai fuori moda. O peggio quelli che danno il titolo al capitolo con la prima frase del capitolo stesso. Come per le arie nelle opere liriche.
Essere originali significa altro.
E infine evito quelli che credono di rivoluzionare una lingua che neanche conoscono bene.
E come disse Picasso: "Ci ho messo una vita per imparare a disegnare come un bambino."
Ma lui sapeva dipingere davvero.

Francesco

sabato 3 dicembre 2011

Quanto costa

Nessuno, in realtà, ha mai pagato il prezzo di un libro, ma solo il prezzo della stampa.

venerdì 2 dicembre 2011

La strada di casa.



Penso che certi uomini siano nati fuori del posto che gli spetta. Il caso li ha messi in un certo ambiente, ma essi hanno sempre nostalgia di una dimora che non conoscono.
Sono degli estranei nel loro paese natale, e i viali ombrosi o le strade popolose in cui hanno giocato da fanciulli rimangono soltanto un luogo di passaggio. Forse è questo senso di estraneità che spinge gli uomini in terre lontane alla ricerca di qualcosa di permanente nella quale possano mettere radici.
Talvolta un uomo capita in un luogo al quale sente di appartenere. E' quella la dimora che ha sempre cercato ed egli si stabilirà in uno scenario mai visto prima, tra uomini che non ha mai conosciuto, come se gli fossero familiari fin dalla nascita.
Lì finalmente trova riposo.

(W. Somerset Maugham, The moon and sixpence)

Un racconto in bianco e nero.


Questo è un racconto in bianco e nero, oppure virato sul seppia, come una vecchia pellicola piena di graffi o una fotografia davanti a un telo sdrucito che si finge paesaggio.
Ma sicuramente il cielo era azzurro anche allora, quando ragazzi ignoranti venivano spediti lontano, a combattere contro gente di cui non sapevano neanche la razza, se non che era diversa dalla loro.
Arrivavano i primi freddi e presto sarebbe toccato a lui.

I boschi avevano perso il rosso dell’autunno e uno spesso tappeto di foglie ricopriva il sentiero che percorreva quasi tutti i giorni per andare dalla sua ragazza.
Odorava di foglie marce il bosco quella sera, quando svoltando per la strada di casa vide ripartire la bicicletta dell’appuntato dei carabinieri. Sua madre stava sulla porta e fissava una busta gialla, senza saper leggere, ma sapendo che non erano buone notizie.
Luigi capì subito di che si trattava. A casa di quelli come lui i carabinieri andavano solo a portare carte del governo. Non certo a cercare delinquenti.
Ebbe voglia di tornarsene nel bosco, di addentrarsi nella macchia e perdersi per sempre.
Ma, come la neve che cade e sembra che l’inverno debba durare per sempre, anche i boschi finiscono.
E finiscono sulle strade. E sulle strade passa sempre qualcuno che ti conosce e va a raccontare in giro che ti ha visto. Luigi rifletté che se ognuno si facesse i fatti suoi non ci sarebbe altro problema al mondo che procurarsi da vivere. Che è già un bel problema da solo, senza doversene cercare altri.



Francesco Pomponio 

giovedì 1 dicembre 2011

Più chiaro di così...

Un giovane scrittore chiese una volta a Somerset Maugham: "Devo mettere più fuoco nelle mie storie?"
"No" Rispose secco Maugham. "Viceversa"

Forse ci sarebbe da riflettere su queste righe...




Ammetto, naturalmente, che le mie convinzioni sono in parte regolate dal fatto che sono vecchio e che tra una decina d'anni o pressappoco sarò morto.
Da giovane mi sarei certamente espresso in modo diverso.
Adesso la prospettiva della morte adombra tutto il resto.
Sono come un uomo imbarcato su una nave che sta per arrivare a destinazione. Salendo a bordo mi preoccupavo di avere una cabina con l'oblò, d'essere invitato alla tavola del comandante, di conoscere i passeggeri più interessanti e le signore più belle. Tutte queste considerazioni sono inutili adesso che sto per sbarcare.
Siccome non credo che la vita terrena possa dare soddisfazioni durevoli, il pensiero della morte non m'incute terrore. Ma il mondo che sto per lasciare mi sembra più bello che mai, specialmente nelle sue parti più remote: l'erba e gli alberi, i ruscelli e le colline, dove l'immagine dell'eternità è più chiaramente impressa che non nelle strade e nelle case.
Coloro che amo posso amarli ancora di più, giacché non ho nulla da chiedere loro fuorché l'amore.
La passione d'accumulare ricchezze o d'essere famoso e importante è ormai chiaramente troppo assurda perché io possa nutrirla.
Mi rendo conto di essere stato straordinariamente felice e provo un'infinita gratitudine per il mio creatore.
Sono profondamente e fermamente convinto che la vita sia un dono meraviglioso; che lo spirito che mi anima sia uno spirito d'amore e non di odio, di luce e non di tenebre.
Siccome credo che la vita sia concepita per il bene e non per il male, so anche che quando questi occhi non vedranno più e questa mente non penserà più e questa mano che ora scrive sarà inerte, troverò il bene anche nell'al di là.
Se poi non troverò nulla, rendo grazie per quel nulla; se sarà un'esistenza diversa rendo grazie anche per questa.

Malcom Muggeridge

Il mestiere di poeta...

Certa gente dovrebbe provare il lavoro vero. Prima di definirsi poeta.